Descrizione
Si tratta del primo appuntamento dell’ampio programma di eventi celebrativi che si terranno a Verona fino al 25 febbraio. Momenti di riflessione e di approfondimento pensati dal Comune di Verona insieme al Comitato Unitario per la Difesa delle Istituzioni Democratiche dove è partecipe l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, che da sempre porta avanti le memorie degli esuli che nel nostro territorio hanno avuto la possibilità di trovare una nuova casa.
A dare testimonianza questa sera sono stati i rappresentanti delle associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati, Marco d’Agostino presidente di A.N.V.G.D e Davide Rossi vicepresidente di Federesuli, insieme, per l’Università di Verona, al professore di Storia Contemporanea Giovanni Bernardini.
“Il Giorno della Memoria e del Ricordo devono far pensare a quello che deve venire dopo, al giorno in cui si concluderanno davvero tutti i conflitti, quando sarà compiuta la differenza – ha evidenziato il sindaco Damiano Tommasi –. La bella notizia della candidatura di Gorizia con Nova Gorica a Capitale Europea della Cultura, due città tracciate per tanto tempo da una divisione profonda, rappresenta una speranza per tutti noi, soprattutto per le nuove generazioni, per chi si sente europeo e dell’Europa vuole raccontare non solo i pregi ma anche le testimonianze a livello internazionale di come si debbano superare i conflitti. Dobbiamo lavorare perché quel mai più che spesso si dice sia poi nei fatti davvero portato avanti”.
“Oggi siamo qui proprio perché in un luogo non così lontano, distante circa 350 km, si è pensato che certe appartenenze politiche tanto reali quanto presunte, le colpe politiche, tanto reali quanto presunte, dovessero essere punite con la morte – ha sottolineato l’assessore alla Memoria storia Jacopo Buffolo –. Oggi siamo qui per ricordare una Regione e un tornante storico in cui a lungo è prevalsa l'idea che i confini etnici e geografici dovessero coincidere. E se oggi quelle terre, un tempo separate da quella cortina di ferro che per 50 anni ha diviso in due il mondo, sono riunite e alle frontiere e al filo spinato si sono sostituiti strade e ponti, la stessa cosa non possiamo dire per quelle persone che da profughi cercano di raggiungere un paese dove sperano di trovare accoglienza e la possibilità di ricostruirsi liberamente una vita”.
“Gli eventi di conflitti nel mondo – ha dichiarato Marco d’Agostino –, ci pongono di fronte a delle responsabilità, ad un senso di unità e condivisione contro la divisione, alla comprensione. Valori che appartengono ai nostri esuli. Tanti esuli a Verona contribuirono alla crescita sociale ed economica del nostro territorio. Oggi l’ANVGD contribuisce a definire quel senso di repulsione verso la brutalità delle guerre. Lo applichiamo attraverso le attività con le scuole, verso i giovani. Quest’anno Gorizia con Nova Gorica sarà la Capitale Europea della cultura su quel confine che vide contrapposti gli italiani con gli sloveni. In conclusione, vorrei azzardare a credere che senza la Legge n.92 del Giorno del Ricordo 2004, sarebbe stato impensabile raggiungere questo traguardo che pone quel territorio, oggetto di studio per una nuova pagina di storia, di amicizia tra popoli diversi”.
“Che senso ha una cerimonia del Giorno del Ricordo a vent'anni dalla prima celebrazione?Che significato possiamo attribuire alla ricorrenza del Giorno del Ricordo nella settimana in cui verrà inaugurata la Capitale Europea della Cultura congiunta tra Nova Gorica e Gorizia? – sono questi interrogativi, tra ricostruzione e bilanci, che hanno fatto da sottofondo all’intervento di Davide Rossi, dedicato alle complesse tragedie che hanno martoriato il confine orientale durante il cosiddetto secolo breve. “Dopo il tremendo oblio nel quale la questione orientale è stata relegata per quasi un quarantennio – ha continuato Rossi –, la caduta del Muro di Berlino prima, quindi lo sgretolamento delle frontiere grazie al trattato di Schengen, il ricorso collettivo alla stessa moneta, ora il medesimo alveo nell’Unione Europea, fanno confidare in un futuro di pacificazione per una vicenda che ha visto i giuliano-dalmati prima barbaramente uccisi nelle foibe, autunno 1943 e primavera 1945, e quindi costretti all'esodo, dal 1946, fino addirittura al 1975.In questo mutato clima di speranza e riconciliazione europea, rimane ancor più fondamentale conoscere quanto accaduto ed inquadrare contesti ed episodi su cui le ragioni della politica hanno coscientemente voluto porre un coltro manto di silenzio”.
“Dal ‘come è stato possibile’, l'ottimismo della ragione vorrebbe che facessimo uno sforzo ulteriore verso il ‘fare in modo che non accada più’ – ha dichiarato il proff. Giovanni Bernardini –. Su questo, tuttavia, la storia del presente ci offre ben poche ragioni di ottimismo. L'epoca delle migrazioni forzate, degli esili di massa, sembra in realtà ben lontana dal tramontare. Tra le tante cose positive che l'Europa ha esportato nel mondo, ve ne sono anche molte negative; tra queste la tentazione sempre presente da parte di autorità senza scrupoli di muovere popolazioni come si muovono le pedine di un gioco da tavolo, qualora la loro presenza sia considerata un ‘problema’ o un ‘pericolo’.Da questo punto di vista, siamo in fondo in un'epoca che sembra aver imparato ben poco dal passato, da quel passato. E storia dei nostri giorni quella in cui qualcuno, parlando da una posizione di enorme responsabilità e potere, propone con una semplicità disarmante lo sfollamento di milioni di persone dal luogo in cui sono nate e vissute, come soluzione giusta e sensata a un ‘problema’”.
Il dibattito in aula è proseguito con gli interventi dei consiglieri comunali Pietro Trincanato (Traguardi), Patrizia Bisinella (Fare con Flavio Tosi), Massimo Mariotti (Fratelli d’Italia) e Chiara Stella (DTS).